Samadhi – Facciamo diventare questo elefante nella stanza una formichina carina carina.
SAMADHI
Facciamo diventare questo elefante nella stanza una formichina arina carina.
P.S. Se non sai cosa sia Samadhi e fai Yoga, sei un truffatore.
Vediamo di iniziare a visualizzare qualcosa di familiare e vicino alla nostra vita quotidiana.
Un edificio a quattro piani
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Il primo piano: scuola elementare
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Il secondo: scuola media
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Il terzo: scuola superiore
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Il quarto: università
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E poi c’è il terrazzo! (Un terrazzo sul quale si può mettere piedi solo se laureati)
Ogni piano ha diverse classi con diverse materie, branche o cose di cui armonizzare la conoscenza, e solo quando si acquisisce una determinata conoscenza si può passare al piano di indago successivo che permette una espansione della consapevolezza.
Da che dipende la scalata?
Da quanto metti il sedere sulla sedia, immobile e concentrato sulla comprensione del singolo compito, momento dopo momento, e da quanto te ne freghi del risultato e conferisci valore solo alla conoscenza!
Ogni volta che raggiungi una determinata competenza nel concentrarti, e grazie ad essa un determinato grado di consapevolezza dettata dall’armonizzazione della conoscenza, ti viene riconosciuto un automatico momento di pausa che permette di sedimentare il tutto per poi partire con il nuovo livello di indago. Momento di ferie mentale, nel quale si guarda con un po’ di distacco la somma di ciò che si è fatto, che corrisponde alla somma di ciò che si è acquisito e che equivale a ciò che quindi sei arrivato ad essere.
Quindi: si armonizza fino a raggiungere una determinata somma di parziali competenze in ogni materia, si tira il totale e si passa avanti.
La competenza è dettata da quanto si è specializzata la vostra conoscenza su un dato oggetto, e cioè quanto si sono messe vicine vicine tre cose: tu, la materia da osservare e conoscere, e quanto intensa è stata l’osservazione e la conoscenza.
In altre parole, una un po’ più difficile: quanto sono stati “coalescenti” osservatore, oggetto osservato e principio dell’osservazione.
Ora andiamo allo Yoga
Se non si capisce cosa sia il Samadhi, vuol dire praticare, insegnare e formare una rappresentazione personalistica che viene chiamata Yoga solo perché in questo tempo balordo lo Yoga fa figo e moda.
Let’s begin: Samadhi, capiamo la parola!
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Sam: Armonizzare, fare una somma di parziali (si differenzia dalla sola sillaba Sa proprio per la volontà non solo di armonizzare ma di ascrivere a tale armonizzazione una somma, un simbolo o un marchio identificativo sintetico)
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A: Da tutti i lati e direzioni con tutte le attitudini dall’esterno verso l’interno (come la A di moto a luogo)
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Dhi: Posizionare con l’idea di illuminare la componente intrinsecamente utile dell’oggetto che stiamo posizionando
Il suono/parola Samadhi descrive la volontà, cosa deve fare, ci indica un indirizzo di pratica, una maniera con la quale approcciarci a qualcosa.
Ora vediamo i piani nei quali armonizzeremo la conoscenza
Come si chiamano le scuole dello yoga nelle quali dobbiamo acquisire un certo grado di competenza nella concentrazione e consapevolezze sulle materie?
Queste scuole, anziché avere i nomi — come nell’esempio della scuola italiana — delle intensità elementare, media, superiore e università (che esprime la totalità), nello Yoga prenderanno i nomi delle qualità di ciò che si studia al loro interno, ciò che prendiamo come fattore supportativo del nostro indago.
Permettetemi una piccola premessa utile a comprendere i primi due:
Quando lo yoga si trova davanti a qualcosa di sparpagliato, casuale e diffuso, per studiarlo tenta di perimetrare e rinchiudere in uno spazio definito e speciale ciò che si deve studiare mettendo il suono “Vi” davanti a quell’elemento.
Le scuole dove armonizzare la propria conoscenza (“Sa”) si chiamano quindi:
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SaViTarka Samadhi
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SaViChara Samadhi
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SaAnanda Samadhi
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SaAsmita Samadhi
Tutte queste quattro, dove facciamo la somma e ci prendiamo il momento di pausa a fine, entrano nella categoria di Samprajnata Samadhi, che vuol dire armonizzazione perfetta (Pra) della conoscenza.
Il terrazzo, che è il luogo dove arrivi solo pienamente appagato dall’armonizzazione della conoscenza nella sua totalità, si chiama Asamprajnata, che significa sospensione di quella armonizzazione che avviene solo perché non c’è altro da armonizzare, finalmente pacificato, pieno e soddisfatto.
Ma quindi cosa dobbiamo conoscere per arrivare a quel tanto agognato terrazzo?
Per primi i Tarka!
Quando arriviamo in questa prima scuola elementare della concentrazione, ci viene insegnato come metterci immobili in osservazione di qualcosa cercando di allenare l’attenzione a ritenere e mantenere davanti alla nostra osservazione un oggetto.
Da quanta intensità e continuità dipende il grado con cui l’oggetto rivela all’osservatore, tramite osservazione, i suoi particolari.
Chiaramente ad una prima occhiata, con la ancora scarsa competenza che abbiamo, questa relazione beneficerà solo degli aspetti più grossolani che sorgeranno dall’oggetto.
Questi aspetti grossolani prendono il nome di Tarka, e devono essere compresi attentamente perché costituiscono il primo flusso di informazioni che arrivano da un oggetto e che — (importantissimo!) — venendo osservati attraverso il filtro della nostra memoria, rappresentano delle porte dove la mente inizia a sragionare (mis-raziocigno), seguendo tutte le associazioni mentali che da quel singolo aspetto la memoria utilizza per spostare la mente lontana dalla mia volontà di concentrazione sull’oggetto.
Questo è il momento nel quale vorrei concentrarmi ma mi ritrovo steso su una bellissima spiaggia o a preoccuparmi della mia futura sopravvivenza.
Cosa dobbiamo fare con tutti questi Tarka?
Con tutti questi aspetti grossolani?
La risposta è: prima cosa armonizzarli (Sa), perimetrandoli e distinguendoli (Vi) → SaViTarka!
Ma in questa scuola cosa si fa?
Appena i Tarka insorgono ed eruttano dall’oggetto bisogna incanalarli in un singolo luogo, per fare sì che questa convergenza illumini in maniera sintetica la loro natura in una somma che diventi il loro marchio distintivo, capace di descrivere la vera natura dell’oggetto stesso rivelandone la massima meravigliosa utilità.
Per esempio, se in questa scuola dovessero darmi da studiare il respiro, ogni volta che da questa osservazione salisse una descrizione, dovrei riposizionarla all’interno di quel flusso di semplice osservazione e testimonianza fin quando, ogni insorgenza, non si ricollochi proprio in quel flusso denso di attenzione formando, per compressione, un nucleo che ne descriva la caratteristica intrinseca (vi svelerò un segreto…) che parla: “il suono della vita stessa” di cui è portatore.
Solo una volta armonizzata la conoscenza dei ViTarka
Grazie ad una competenza che prenderà il nome di SaVitarka Samapatti, saremo allora qualificati in una precisa conformazione coalescente di osservatore, oggetto osservato e osservazione, che per l’appunto mi qualifica alla vacanza e che prende il nome di Nirvitarka Samapatti.
E solo dopo la vacanza, quando tutto assume quel valore di somma capace di descrivere istantaneamente la competenza acquisita e chi io sia in realtà, sarò pronto per la nuova scuola con la nuova materia di studio, che prende il nome della seconda caratteristica Chara.
Con questa nuova competenza chiamata Savichara Samapatti
Dopo il riposo nella precedente armonizzazione (Nir), sarò pronto per la nuova espansione della consapevolezza nel nuovo piano di indago che prende il nome di SaVichara Samadhi.
I ViChara sono spesso chiamati “gli aspetti sottili” che insorgono dall’oggetto
Grazie alla nostra osservazione continua. Ma che vuol dire aspetti sottili?
Solo menti abituate e qualificate ad una sola osservazione grossolana potrebbero pensare che il termine “sottili” abbia a che fare con aspetti più piccoli e minuti, posti in relazione con la parola “Grossolani” — ma in verità sono rappresentati da tutti quegli aspetti che non sono subitaneamente carpiti dalla nostra visione.
In pratica, i Chara sono le cose che non pensiamo subito quando guardiamo un oggetto e che invece insorgono solo al limite della precedente osservazione, quando pienamente appagati dall’armonizzazione precedente, non arrivino le domande che solo quando siamo annoiati, stanchissimi o solo semplicemente tanto pazienti e concentrati arrivano, e che riguardano: “quando? dove?”
Le connotazioni temporali e spaziali dell’oggetto e del soggetto sono processi che diamo per scontati, subcoscienti, automatici, e che insorgono solo per atto volontario.
In questo momento che siete concentrati qui a leggere tutto…
…non vi passa per la mente — (a meno che ora non ve lo chiedo, avendo come risposta “ma certo, ovvio”, che tanto ovvio non è, altrimenti vi sarebbe venuto in mente prima) — “dove siete a leggere? Dove sto leggendo? In che tempo della vita sto leggendo? Quando è stato scritto questo articolo?”
Ecco!
Questo è il piano sottile dell’esistenza, e queste insorgenze sono i Chara che, al solito, dobbiamo — pena la diffusione della mente — distinguerli e perimetrarli e farli convergere in una nuova densa massa illuminandone la natura.
Questa scuola è quella che vi insegna a bloccare un singolo voi davanti a un singolo oggetto, in quel famoso e gettonatissimo “qui ed ora”.
Ora dovrete perdonarmi, ma se dovessi scrivere tutto il processo qui ci vorrebbe un libro intero — e siccome è domenica, ho da preparare la lasagna.
Per chiunque davvero ed in maniera volenterosa volesse comprendere l’infinita complessità dello Yoga in maniera semplice, in Turiya Yoga Academy c’è uno splendido corso chiamato Yalsm o, in lingua inglese a livello internazionale, Atsoy, entrambi disponibili per persone serie e motivate.
“Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio.
Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo.”
— Cit.
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